Il pittore del Serpiano
Gli ambasciatori di un territorio possono assumere le forme più bizzarre. Ne ho incontrato uno con il basco in testa, il camice sporco di pittura e tanta voglia di raccontare. Chi conosce la zona del Serpiano, nel complesso del Monte San Giorgio, si è forse già imbattuto in lui. Si chiama Fiorello Fiorini, è un pittore e racconta la natura del territorio. Lo si trova all’ex casa dei doganieri, a pochi passi dall’Hotel Serpiano, luogo in cui da dieci anni ha allestito il suo atelier. Quel mattino desidero raggiungere da Meride con un’amica l’Alpe di Brusino. L’incontro imprevisto con il Fiorini scombussola il mio piano: non raggiungo l’Alpe di Brusino ma mi ritrovo allieva di vita e di pittura in un batter di ciglia. Fatale si rivela il selfie con una delle seggiole colorate poste all’esterno dell’atelier. “Ottima scelta! Quella è la sedia che preferisco. È la più rovinata, stando sempre fuori, ma è di sicuro la più comoda.” Chi si affaccia dalla casa dei doganieri ha la barba bianca e un accento che inizialmente mi pare toscano. “Di certo è una sedia che ha molto da raccontare!”, rispondo. L’uomo ci invita ad entrare e ad accendere la luce – “schiacciate l’interruttore dietro la porta, quello sporco di vernice!” – e noi entriamo. So di esserci già entrata una volta, tanto tempo fa, tuttavia senza la consapevolezza di oggi. La stanza è un tripudio di colori: tele, sedie e mobili dipinti dai colori accesi. C’è pure un piccolo bazar dell’usato di un’amica gattara dell’artista. Scopriamo che Fiorello è di origine umbra, è appassionato di storia e negato con i cellulari. Ci mostra i suoi quadri e i colori appena presi a Milano per terminare il quadro di un’ospite dell’albergo. Al piano di sopra, dove c’è più luce, ha allestito la stanza in cui dipinge. Mi fa indossare un grembiule nero, simile a quello dei sommelier, con la scritta “l’arte è vita” e diligentemente mi metto alla sua destra accanto al cavalletto per osservare come procede con la tela che sta ultimando. Mi piace pensare che quei fiori siano dei crocus, come quelli che ho visto in abbondanza nei campi arrivando al Serpiano. È una tela verticale, dai colori intensi e luminosi. Ci racconta di come va alla ricerca dei suoi soggetti, per reinterpretarli secondo i principi dell’impressionismo, con uno sguardo che rende piacevole e interessante il mondo esterno e rappresentando il bello e la gioia di vivere. Dopo la mini lezione di pittura, un’altra stanza ci svela le opere dipinte quando viveva a Zurigo: “lì non c’erano i fiori del Serpiano ad ispirarmi!”. Vi sono raffigurate figure umane: “folla che cammina”, ci spiega. Mentre racconta del suo percorso, di sé e dei suoi quadri, alterna pensieri sulla vita e sull’amore. “La mia compagna è un cervellone, nella nostra coppia lei possiede l’intelligenza, io ci metto la saggezza e in questo modo funzioniamo a pennello, c’è armonia, c’è rispetto.” Nel frattempo altri viandanti passano davanti alla casa dei doganieri e sbirciano all’interno senza osare entrare. Passa anche l’autista del bus dell’albergo, ma va di corsa. Oggi c’è un matrimonio in programma e ancora parecchio da organizzare. All’hotel Serpiano Fiorello espone in una mostra permanente, fino a fine anno. Ha clienti fissi dalla Svizzera Interna, che gli fanno visita anche solo per ritirare un quadro pronto. Oppure clienti di passaggio, anche ticinesi, che entrano in atelier e si emozionano dinnanzi ad uno dei suoi quadri, o decidono di commissionargliene uno per una particolare ricorrenza. Con chi si trova in sintonia racconta qualcosa in più del suo lavoro: dei dieci sentieri che portano alla vetta del Monte San Giorgio, dei fossili, delle piante rare, delle storie del luogo, delle coppie che si sposano nella chiesetta lì accanto alle quali dedica un quadretto. A Fiorello piace vivere nel presente e gli riesce piuttosto bene, non gli da ulteriori pensieri. Non è di certo facile vivere di sola arte. Prima di salutarlo, sul tavolo scorgo una foto di una radura fiorita di aglio orsino che mi sembra di riconoscere. Gli chiedo cosa se ne farà, incuriosita. “È il luogo dove un mio cliente “ha fatto la frittata” con la ragazza che è diventata poi sua moglie.” Sorrido per l’espressione anacronistica, come fuori tempo mi sembra il gesto di commissionare un quadro ad un pittore per raffigurare il luogo del primo incontro intimo con la propria ragazza. Fermarmi in questo atelier mi ha fatto bene. Sento che tornerò a visitare questo curioso personaggio, garbato e delicato, che ha tanto da raccontare con o senza i suoi quadri. Eppoi c’è la radura di aglio orsino dove “è stata fatta la frittata”, sono proprio curiosa di vedere come la rappresenterà.